MedFocus.it

Correlazioni in Medicina



Associazione tra mutazioni della glucocerebrosidasi e la malattia di Parkinson


Studi hanno indicato un aumento della frequenza di mutazioni nel gene che codifica per la glucocerebrosidasi ( GBA ), una deficienza che causa la malattia di Gaucher, tra i pazienti con malattia di Parkinson.

Ricercatori, coordinati dal NHGRI dei National Institutes of Health a Bethesda, hanno condotto uno studio per determinare la frequenza delle mutazioni nella glucocerebrosidasi nei pazienti con malattia di Parkinson e di diversa origine etnica.

Allo studio internazionale hanno partecipato 16 Centri: 5 dalle Americhe, 6 dall’Europa, 2 da Israele e 3 dall’Asia.

I dati genotipici e fenotipici da un totale di 5.691 pazienti con malattia di Parkinson ( 780 ebrei Ashkenazi ) e 4.898 controlli ( 387 ebrei Ashkenazi ) sono stati analizzati.

Tutti i 16 Centri hanno identificato 2 mutazioni della glucocerebrosidasi, L444P e N370S. Nel sottogruppo degli ebrei Ashkenazi, ciascuna mutazione è stata trovata nel 15% dei pazienti e nel 3% dei controlli, e nel sottogruppo degli ebrei non-Ashkenazi ciascuna mutazione è stata trovata nel 3% dei pazienti e nel 1% dei controlli.

Il gene della glucocerebrosidasi è stato sequenziato completamente per 1.883 pazienti ebrei non-Ashkenazi e sono state identificate mutazioni nel 7% dei casi, mostrando che limitati screening di mutazione possono tralasciare metà degli alleli mutati.

L’odds ratio per qualsiasi mutazione nella glucocerebrosidasi nei pazienti versus i controlli è stato pari a 5.43 tra i Centri.

In confronto ai pazienti che non erano portatori di mutazioni nella glucocerebrosidasi, quelli con una mutazione che si è presentata precocemente con la malattia hanno mostrato maggiore probabilità di avere parenti affetti e di avere manifestazioni atipiche.

In conclusione, i dati raccolti da 16 Centri hanno dimostrato che c’è una forte associazione tra mutazioni nel gene della glucocerebrosidasi e la malattia di Parkinson. ( Xagena2009 )

Sidransky E et al, N Engl J Med 2009; 361:1651-1661


Neuro2009

Altri articoli